Nelle ultime settimane abbiamo voluto risollevare il tema del degrado urbano nella nostra città. Dagli ecomostri ormai noti ai parmigiani, ai tanti cantieri mai finiti, fino alle strutture abbandonate meno conosciute ai più o nascoste nei nostri quartieri. Dai grandi scandali giudiziari, ai più semplici casi di disinteresse da parte di pubblico e privato, ogni lastra di cemento abbandonata ha la sua storia.

Discorso a parte vale per quelle grandi opere di sviluppo infrastrutturali che non tengono veramente in conto l’impatto sull’ambiente la salute dei cittadini, non offrendo in controparte un reale servizio d’utilità pubblica come possono essere l‘aeroporto di Parma ed il progetto per il suo allargamento.

Se le cause che portano al degrado e alla rovina di tanti angoli di Parma sono disparate, il fattore che accomuna tutti i luoghi che abbiamo mostrato in questa inchiesta è uno, il consumo irresponsabile di suolo: l’occupazione non giustificabile della risorsa territorio, una risorsa che da una parte è a rischio di esaurimento e dall’altra ricopre una fondamentale importanza per la lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

L’abbandono e il fallimento di opere private, per esempio, non porta con sé alcuna specifica responsabilità a tutela del territorio. La proprietà di quel suolo rimane privata e lo spazio di manovra per contrastare il degrado da parte delle autorità è spesso inesistente. Per consumo di suolo irresponsabile però non vogliamo intendere solamente i luoghi abbandonati o al centro di scandali giudiziari, ma anche i molti spazi la cui moltiplicazione senza criterio viene ormai vissuta come un fenomeno irreversibile.

In questa categoria ricadono gli innumerevoli centri commerciali e supermercati che hanno circondato Parma negli ultimi anni ed il cui moltiplicarsi non sembra essere dettato da ragioni di reale bisogno. Questo fenomeno ha conseguenze dannose non solo per quanto riguarda il consumo di suolo, ma anche sulla desertificazione di aree del centro causata dal fallimento di attività commerciali tradizionali, per non parlare degli effetti che l’inarrestabile avanzamento della grande distribuzione ha sul mercato dei prodotti alimentari.

Il Comune di Parma si posiziona primo nella nostra regione, insieme a Piacenza, per suolo consumato secondo il rapporto pubblicato da ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per l’anno 2018. Il rapporto ISPRA parla di circa 17 ettari di nuovo terreno (un’area grande come il parco della cittadella) consumato solo nel 2018. I dati dell’ISPRA mostrano come l’aumento di consumo di suolo non si sia mai fermato negli ultimi anni, con 1 milione e 200.000 metri quadri di territorio cementificato tra il 2012 ed il 2018.

Vedi qui i dati di consumo di suolo del 2019

Questo record viene registrato nonostante appena nel dicembre 2017, la regione Emilia-Romagna abbia varato una nuova legge sull’uso del territorio (L.R. 21.12.2017, n.24) approvata con l’esplicito obbiettivo di diminuire il consumo di suolo e raggiungere il consumo zero entro il 2050.

Il provvedimento di bandiera di questa legge vincola infatti l’Emilia-Romagna a non prevedere da qui al 2050 una quota di consumo di suolo a livello regionale superiore al 3% del territorio già urbanizzato alla data di approvazione. Se come scelta di indirizzo questa misura sembra colpire nel segno, all’interno della stessa Legge Regionale sono previste una serie di eccezioni alla regola che vanificano in buona parte questo obiettivo (articolo 6, comma 5 e 6).

Sono infatti esenti dalla regola del 3% le Opere pubbliche di rilievo sovracomunale e di interesse Pubblico. Se da un lato questa eccezione sembra sensata, bisognerà vedere nella pratica che tipo di utilizzo del territorio andrà a giustificare. Un esempio che ci fa storcere il naso è proprio quello dell’Aeroporto G. Verdi. Se andiamo a vedere gli strumenti di pianificazione locale scopriamo che le aree d’intorno dell’aeroporto fino alla zona fiere sono state designate come urbanizzabili dal Comune nel 2019. Quest’area di circa 3 chilometri quadrati (un’area più grande di centro storico e Oltretorrente messi insieme) cade sotto la definizione di opera di rilievo sovracomunale ed è quindi estraibile dal calcolo del limite del consumo di suolo.

 Altre esenzioni alla regola del 3% riguardano per esempiointerventi di ampliamento […] di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa; interventi di nuova costruzione di fabbricati […] di attività già insediate […] in aree […] in prossimità delle medesime attività’. Questo genere di attività, come anche quelle di rigenerazione di costruzioni dismesse, saranno in deroga al limite di consumo di suolo portando con sé la possibilità per molti privati di allargare, senza limiti concernenti distanze, altezze e volumi, zone già ad alto livello di cementificazione.

Infine, un altro cambiamento interessante introdotto dalla legge regionale riguarda le competenze in materia di quantificazioni ed allocazioni la cui identificazione viene d’ora in poi delegata ad accordi di programma e di negoziazione. Ma cosa intendiamo quando parliamo di negoziazione?

Un esempio di negoziazione tra pubblico e privato per la destinazione di uso di territorio è quella che ha portato la giunta Pizzarotti nel 2015 ad essere tentata ad accogliere la richiesta della società di costruzioni del Parma Shopping Park per l’approvazione di una variante al piano urbanistico che avrebbe finalmente permesso l’apertura dell’ennesimo centro commerciale in cambio di non chiare misure di compensazione.

Se i dati di consumo di suolo per il 2018 chiariscono che a Parma la nuova legislazione regionale non ha evidentemente portato effetti tangibili nel breve periodo, dovremmo essere preoccupati anche per il futuro, visto che le eccezioni stabilite nella legge non ci fanno dormire sonni tranquilli.

Andando a guardare gli strumenti di urbanistica comunale si scopre in effetti che questi non siano ancora attuativi della legge 24/2017, ma usufruiscono della proroga di cui all’art.3(5), nonostante sia nel luglio del 2019 che l’amministrazione Comunale ha per ultimo approvato una modifica al sopracitato Piano Strutturale Comunale. Questo ultimo ritocco agli strumenti di urbanistica locale ridefinisce le aree di espansione urbana indicando ciò che è territorio urbanizzato e ciò che invece sarà territorio urbanizzabile fino al 2030.

Oltre al problema dell’aeroporto, stupisce per esempio il fatto che l’area del Mall di Baganzola sia stata indicata, ripetiamo nel luglio del 2019, come zona già urbanizzata quando già a metà 2018 le incongruenze legate alla costruzione del mastodontico centro commerciale fossero già venute a galla. Proprio la zona del Mall di Baganzola viene indicata nelle carte delle politiche urbanistiche del comune come facente parte di un distretto funzionale per la logistica urbana e territoriale: un centro commerciale con parcheggio multipiano dalla grandezza spropositata! L’area coperta da questa costruzione, 200.000 metri quadri (un’area che copre l’estensione del Parco Ducale), non rientrerebbe nel calcolo del 3% ai fini della legge regionale.

Per dare un ultimo occhio ai numeri, abbiamo voluto calcolare il territorio effettivo dedicato all’espansione urbana da qui al 2030 per verificare come il Comune intenda rispettare l’impegno definito dalla legge regionale. [La quantità di suolo utilizzabile può essere attribuita in modo diverso ad ogni comune, mentre il limite del 3% è calcolato solo a livello regionale]. Il risultato del nostro esercizio non è comunque incoraggiante: se ai 3 chilometri quadrati della zona dell’aeroporto si aggiungono i 3,85 chilometri quadrati della somma di tutte le altre zone urbanizzabili si raggiunge il 13,5% di territorio urbanizzabile sul già urbanizzato (circa 51 chilometri quadrati).

 Il 22 luglio 2019, con una mozione che a oggi rimane carta straccia, il Comune di Parma ha dichiarato lo stato di emergenza climatica. Godendo della risonanza mediatica che questa misura per ora velleitaria gli ha portato, il Comune si è dimostrato anche in questa occasione più interessato a vendersi che a adottare misure utili.

Rimane il fatto che un’emergenza la stiamo vivendo e che misure straordinarie sono necessarie. L’uso del suolo in senso strategico è uno strumento fondamentale per contrastare l’inquinamento atmosferico e i rischi associati alle catastrofi naturali. Il rinverdimento del territorio urbano dovrebbe essere una delle assi portanti di un serio piano di contrasto all’emergenza climatica.

Nei dati Istat riguardanti la quantità di verde urbano per cittadino nei capoluoghi d’Italia, Parma figura nella parte bassa della classifica, con un numero di metri quadri per abitante al di sotto della media nazionale. Secondo il Decreto ministeriale 1444 del 1968 infatti, ogni cittadino italiano avrebbe diritto ad almeno 9 metri quadri di verde pubblico accessibile.

Se Parma adempie a questo requisito minimo, non si può dire che questo diritto sia rispettato se per astrazione si scomponesse il dato a livello di quartiere. Per fare un esempio, il quartiere San Leonardo conta circa 20.000 abitanti (dati comune di Parma al dicembre 2019) e avrebbe quindi diritto a 180.000 metri quadri di verde pubblico. Nel quartiere più colpito dalla cementificazione e dal recente incremento di aree destinate alla grande distribuzione, si contano invece non più di 70 mila metri quadri di verde, con il solo Parco del Naviglio a tenere alta la bandiera dei luoghi accessibili al pubblico.

In un’area già costellata da zone abbandonate e dall’irresponsabilità di alcuni privati, gli spazi per il rinverdimento non mancherebbero. Ma sono e rimarranno suolo cementificato di proprietà privata.

Lo spreco dato dall’irreversibilità del consumo di suolo, soprattutto quello operato da privati, e il degrado creato da questo genere di soggetti non è più tollerabile a fronte della crisi che stiamo vivendo. Quanto tempo deve passare perché un‘area abbandonata possa essere restituita per utilizzi di pubblica utilità? Come si può lasciare che pezzi del nostro territorio rimangano perennemente in mano a chi li lascia in questo stato?

Viviamo nel peggiore periodo nella storia del nostro pianeta per tassi di inquinamento e gravità dei disastri naturali: è tempo di misure drastiche.